Il settore del no profit sta vivendo un momento di profondo cambiamento. Le attività di fundraising – grazie anche alla riforma del Terzo Settore che, in Italia, ha riconosciuto ufficialmente una legislazione del comparto – hanno costretto tutte le organizzazioni ad ampliare il proprio bacino di volontari e contributor, rispondendo sempre più alle nuove esigenze in materia di sostenibilità e integrazione.
In particolare, la fascia di età più attenta alle nuove istanze è quella dei Millennials (chiamati anche “generazione y” o “generazione z”), ovvero i giovani nati tra il 1980 e il 2000, sostanzialmente identificati come “nativi digitali”. Questa ampia categoria di persone, sempre più orientata verso acquisti “ragionati” e non di moda, che presta particolare attenzione alle iniziative sociali dei brand seguiti, si è mostrata particolarmente attenta a tematiche divenute sempre più significative negli anni: è il caso delle iniziative rivolte alle persone con reddito al di sotto della soglia di povertà, bambini e ragazzi che rischierebbero l’estromissione dalla scuola a causa di situazioni economiche e familiari disastrose. O, ancora, della sostenibilità: secondo un recente sondaggio, infatti, l’81% dei Millennials è disposto a pagare di più per un prodotto che tuteli anche l’ambiente. Per questo motivo, sono sempre di più le organizzazioni che stanno individuando in questo target i migliori ambassador su cui puntare per le proprie strategie di fundraising. Ma questa nutrita fetta della popolazione va coinvolta. E gli strumenti più efficaci, come vedremo, sono la tecnologia e l’omnicanalità.
I Millennials
Limitandoci soltanto all’Italia, quando pronunciamo il termine Millennials pensiamo a circa 11 milioni di persone che – fonte Sole 24 Ore – hanno un reddito medio inferiore del 17% a quello dei loro genitori. Quello che però è chiaro è che, nonostante una minore disponibilità di spesa rispetto alla generazione precedente, ogni propensione al consumo viene attentamente valutata attraverso tematiche che non sono collegate esclusivamente al prezzo, ma che, anzi, riguardano soprattutto aspetti valoriali legati alla sostenibilità. I social media diventano così uno strumento per informarsi, per condividere la propria customer experience, per capire che tipo di esperienza possa offrire la marca in questione.
Negli Stati Uniti il concetto di “brand activism” è stato interpretato anche come “give back”, ovvero restituire alla comunità parte della fortuna avuta in caso di successo nel lavoro o nello sport. Sono questi, tra i più recenti, i casi di Jeff Bezos, fondatore di Amazon che con la sua “Day One Fund” sostiene la lotta alla povertà e il diritto allo studio di bambini e ragazzi con situazioni familiari complesse, e di giocatori della NBA come Lebron James, che ha realizzato nella propria città natale (Akron, in Ohio) la “I Promise School”, una struttura che permette ai bambini delle zone più disagiate della città di frequentare le elementari.
Qual è la caratteristica comune ai Millennials di tutto il mondo? Indovinato, è la tecnologia, che oggi più che mai consente di realizzare una strategia integrata tra online e offline. Fino a non molti anni fa, sembrava una chimera poter fare interagire queste due dimensioni. Oggi invece è tutto molto più semplice, grazie a quella che viene definita omnicanalità.
L’omnicanalità
Secondo il report del Politecnico di Milano dal titolo “Osservatorio Omnichannel Customer Experience”, sono ormai 31,7 milioni, pari al 60% della popolazione di età superiore a 14 anni, gli italiani che utilizzano Internet in una o più fasi del processo di acquisto e si aspettano, pertanto, di vivere esperienze di marca integrate sui vari punti di contatto (punto vendita, sito internet, eCommerce, social network, contact center, pubblicità).
Come si stanno muovendo le aziende no profit per raggiungere i Millennials? Basti pensare alle iniziative che possono essere svolte fisicamente – da quelle più tradizionali come le raccolte fondi ai flash mob, passando per eventi ad hoc o iniziative di guerrilla marketing – fino a quelle online, che si compongono di una serie di attività che vanno dalla ricerca di finanziamenti sui social network alle modalità di coinvolgimento più innovative come brevi filmati realizzati dall’utente stesso o sondaggi online. La creazione di una strategia omnicanale che consenta agli utenti di vivere esperienze differenti eppure integrate tra loro è la chiave di volta per arrivare ai Millennials, un segmento della popolazione che ha sposato un metodo di acquisto più consapevole e una maggiore attenzione verso le tematiche sociali.
No profit e strategie di omnichannel marketing
Come detto, per una corretta strategia di non profit marketing è fondamentale offrire diversi canali per poter interagire con i Millennials che, secondo uno studio del portale dedicato Vita.it, sono più disposti a donare nella fascia tra i 30 e i 35 anni, pur senza legarsi a uno specifico brand di charity. Chiaro quindi che si debba fornire loro una molteplicità di punti di contatto, per offrire un’esperienza a 360°. Save The Children, ad esempio, ha recentemente lanciato un restyling delle proprie piattaforme e donation pages proprio per migliorare la sua strategia di marketing e venire incontro alle esigenze dei nati negli anni ‘80. I possibili donatori, meglio se millennial donor, possono così contare su una esperienza offline che è fatta di iniziative sul territorio e sul lavoro dei procacciatori; online, invece, sulla realizzazione di una nuova “lista dei desideri”, in collaborazione con Boraso, agenzia full service di Conversion Marketing, per il miglioramento dell’esperienza dei potenziali donatori. Un nuovo sistema che verrà progressivamente implementato ma che è già attivo dalla fine di ottobre e che garantisce migliori risultati in termini di raccolta.
Al termine del processo di miglioramento della piattaforma si giungerà a un risultato in cui la navigazione sarà altamente personalizzata in base alle esigenze dei potenziali donatori per offrire un’unicità che permetta di incrementare le donazioni. Il non profit marketing, quindi, deve continuare a restare al passo con i tempi. E la parola chiave è una sola: omnicanalità.
Soluzioni omnicanali per le organizzazioni no profit
Integrazione dei canali offline tradizionali e dei canali online: si gioca in questa sinergia il successo di una campagna di raccolta fondi in grado di coinvolgere attivamente l’audience di riferimento, Millennials compresi.
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