Si fa un gran parlare di blockchain, ma non sono molti quelli che hanno capito in cosa consiste. Si tratta di un tema entrato definitivamente nell’agenda dei media specializzati e delle grandi aziende del tech. Dal momento che è la prima volta che affrontiamo questo argomento, abbiamo deciso di parlarne in maniera graduale, con la promessa di tornarci in futuro, quando saranno stati ulteriormente delineati i confini e le peculiarità di questa tecnologia.
Iniziamo però dalle basi: troppo spesso viene confusa con i bitcoin, che ne sono però una piccola parte. Con il termine blockchain – che a voler tradurre letteralmente potrebbe essere intesa come “catena di blocchi” – si intende un insieme di singole unità separate tra loro che contengono precise informazioni. Ci troviamo di fronte, prima di tutto, a un sistema avanzato di crittografia che minimizza la possibilità di intromissioni e manomissioni. Ogni informazione contenuta all’interno del singolo blocco, infatti, è protetta da cancellazioni e modifiche. Se qualcuno tentasse di cambiare il “block”, ne resterebbe traccia immodificabile e incancellabile. Inoltre, ogni qualvolta si decide di aggiungere un nuovo “blocco”, bisogna sottostare alla rigorosa approvazione dei “miner”, cioè coloro che sono già attivi sulla blockchain. Una volta che il nuovo anello è stato inserito nella catena, neanche i miner possono più modificarlo: ogni tentativo di cambiamento, infatti, lascia una traccia indelebile.
La blockchain – su cui si è immediatamente creata una mitologia che la vorrebbe inventata da un fantomatico giapponese residente negli Usa – è nata per effettuare transazioni e operazioni sicure tra soggetti di cui non si aveva la totale fiducia. In estrema sintesi, si tratta di un sistema che offre ampie garanzie a chiunque voglia conoscere tutte le informazioni necessarie all’interno di un sistema chiuso. La prima applicazione immaginata è stata quella relativa ai pagamenti, ed è qui che è nata la criptovaluta bitcoin e tutte le sue “sorelle”. La ratio alla base della nascita di un nuovo sistema di pagamento era semplicissima: trovare un modo garantito per scambiarsi beni o servizi tra persone che non si conoscono e che hanno un rapporto sporadico, tra privati. Non un sito di e-commerce, dunque, e neanche un rivenditore su piattaforme di aste, ma piuttosto due privati cittadini che si trovano a doversi scambiare denaro per le ragioni più disparate. Come fare? È qui che nasce l’idea di creare i bitcoin, monete garantite che hanno un valore “fluttuante” ma che non possono essere manomesse.
Tale era la garanzia di affidabilità della criptovaluta che è stata usato addirittura per chiedere i “riscatti” da parte degli hacker. Uno dei ransomware (un tipo di malware che limita l’accesso al dispositivo, richiedendo un riscatto per rimuovere la limitazione) più potenti degli ultimi anni, “WannaCry”, chiedeva bitcoin per sbloccare i dati che erano stati criptati. Un affare doppio per i malintenzionati: in primo luogo perché avevano garanzia di ricevere il pagamento, in secondo luogo per l’apprezzamento sempre più consistente che ha portato il valore di bitcoin da 1.500 dollari a oltre 20.000 nel giro di pochi mesi.
Ma, dicevamo, della blockchain. Alcune aziende si stanno attrezzando per iniziare a usarla in maniera efficace. Un caso è la partnership tra Microsoft e Renault-Nissan per la realizzazione di una piattaforma di blockchain che possa registrare tutti i dati di un’automobile. In questo modo si potrebbero configurare due scenari futuri particolarmente rilevanti: da un lato, la cosiddetta manutenzione predittiva. Si tratta di un sistema avanzato di diagnostica che consente di analizzare lo stato di salute dei singoli componenti e avvertire il conducente, in caso di anomalia, prima che si verifichi un guasto anche di grave entità per l’automobile. Dall’altro, proprio per l’immodificabilità della blockchain, il sistema delle transazioni sarebbe molto più garantito: nessuno potrebbe più temere che il veicolo di seconda mano sia stato viziato da qualche “trucco” per abbassare il numero di chilometri effettivamente percorsi.
La blockchain, dunque, cerca di ristabilire un rapporto di fiducia che si è progressivamente sbiadito sia tra privati che tra consumatori e brand di riferimento. Ben vengano, dunque, nuove tecnologie – ancora tutte da analizzare e studiare – che consentano di aumentare la trasparenza e che minimizzino il rischio di alterazioni del rapporto tra cliente e fornitore o tra produttore e consumatore.